“Non si può studiare la musica senza fare costante riferimento al contesto sociale. Ogni tentativo contrario sfocia in una incomprensione della produzione, della diffusione e della ricezione musicale” – Brévan (sociologo della musica)
La musica dell’ultimo mezzo secolo si è sviluppata dagli accavallamenti di esperienze individuali, spesso provvisorie e superficiali il cui scopo primario è da un lato la comunicazione, dall’altro la conquista del mercato.
A seguito dei grandi avvenimenti epocali quali la caduta del muro di Berlino, il crollo delle Twin Towers e quello del sistema finanziario internazionale, la produzione musicale si è diretta sempre più verso percorsi in risposta alla cresciuta domanda di un uso compulsivo dell’ascolto musicale.
La Trap: armi, droga, soldi, sberleffi alle forze dell’ordine, chiasso, quartiere popolare, rabbia anti-sistema. Probabilmente il video di Gani si può considerare sicuramente una delle poche opere vere prodotte a Reggio Emilia negli ultimi anni. Inaspettata, imprevista, non controllata, così com’è l’arte quando è tale (perdonate l’esagerazione nell’elevazione del caso in questione). Vogliamo parlare dei contenuti del punk, del death metal, dei mods, dello stesso jazz?? L’arte è anche provocazione. Lo è stata la merda d’artista di Manzoni, 4’33” di Cage, L’origine du monde di Courbet, e così via. Ogni epoca ha visto grandi artisti inquadrati come ribelli, come controcorrente rispetto al proprio tempo, a volte come personalità deviate.
Ma il punto non è discutere di cosa è arte.
Nell’Odg presentato dalle destre che siedono in Sala del Tricolore, al quale mi sono opposto votando contro, a mio avviso si sono terribilmente confusi i livelli di interpretazione delle cose. Si parte da un videoclip di musica trap per arrivare a conclusioni sul declino e il degrado della società. O parliamo di arte e musica, quindi ci riduciamo a essere i tristi “giudici” di un tristissimo talent show, oppure riteniamo un approfondito reportage quel videoclip, che per definizione rappresenta una finzione. Al contrario non si discute sul fatto che le norme, a partire da quelle per il contenimento della pandemia, oltre che il rispetto per le forze dell’ordine, debbano sempre essere rispettate anche da chi liberamente manifesta il proprio pensiero esprimendolo attraverso il mezzo che ritiene più opportuno. Qualora queste norme non siano rispettate allora è giusto e atteso che vengano punite.
Infine, sul disagio giovanile, che per me decisamente non è rappresentato da Gani, sarebbe buona cosa come politica mobilitare professionisti, assistenti sociali, educatori, psicologi, esperti di pedagogia…la nostra eccellente e preziosissima Unità Di Prossimità, che altrimenti si rischia solo di fare quella che Nietzsche definiva “moralina”.
Non abbiamo nulla da insegnare a quei ragazzi ma molto da trasmettere.
È più complicato ma più giusto.
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